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Tokenizzazione di asset tramite blockchain: 6 fasi fondamentali da seguire

fonte: Adrian Vidal/Getty Images/iStockphoto

Sia sul piano nazionale che internazionale sempre più aziende stanno sperimentando l’erogazione di beni, risorse e servizi sotto forma di token emessi su blockchain; tale processo prende il nome di tokenizzazione, e offre nuove opportunità dal punto di vista della trasparenza, della sicurezza e della decentralizzazione. Un progetto di questo tipo può essere generalmente suddiviso in sei fasi principali, da intendersi più a livello concettuale che in senso cronologico; esse verranno analizzate nel dettaglio nei paragrafi successivi, mettendone in evidenza gli elementi peculiari.

Partendo dal principio, è doveroso rispondere a una domanda fondamentale: che cos’è un token? In questo ambito il termine indica un asset digitale che vive sulla blockchain e può essere scambiato senza intermediari; le sue caratteristiche lo rendono adatto non solo a rappresentare valute, azioni o proprietà di beni materiali, ma anche membership, diritto di voto e collectibles. Proprio perché gli utilizzi di questa tecnologia sono numerosi e spesso molto diversi tra loro, i token vengono generalmente classificati in base ad alcune tipologie principali che tuttavia non sono da intendersi rigidamente perchè spesso è difficile identificare una singola classe di appartenenza (per approfondire: osservatori.net).

Un’ulteriore distinzione può essere fatta in base all’unicità del token, che può essere definito fungibile, non-fungibile o semi-fungibile:

  • un token fungibile è indistinguibile dagli altri token emessi dallo stesso contratto, e viene descritto dallo standard ERC-20
  • un token non-fungibile (NFT) è identificato da un tokenId numerico univoco ed è pertanto distinguibile dagli altri token emessi dallo stesso contratto; è descritto dallo standard ERC-721
  • un token semi-fungibile permette di associare ad ogni tokenId un classe di token dotata di cardinalità k; se per un certo tokenId n la cardinalità è uguale a 1, l’unico elemento della classe n è un NFT, altrimenti gli elementi della classe saranno token fungibili. Questa tipologia è descritta dallo standard ERC-1155
 

Identificazione del bene

Il primo step fondamentale nel processo di tokenizzazione è sicuramente l’identificazione del bene che deve essere rappresentato sotto forma di token. I candidati possibili sono sia gli asset che hanno una natura non materiale o digitale, come ad esempio azioni, punti fedeltà e accesso a servizi, ma anche oggetti fisici, come gioielli, opere d’arte o automobili; generalmente il token esprime il possesso del bene collegato, in tal caso il limite principale è la possibilità o meno di possedere tale asset. Ciò detto, è sempre consigliabile richiedere un consulto legale per inquadrare i vincoli normativi relativi alla tokenizzazione del bene considerato.  

 

Definizione del token

Una volta individuato l’oggetto della tokenizzazione, è necessario definire la fungibilità e la tipologia di token da realizzare, identificando anche le funzionalità che esso deve implementare. In base alle esigenze, infatti, possono essere introdotti requisiti particolari come la non trasferibilità o la possibilità di bruciare i token da parte di un’autorità centrale, che devono essere codificati e inseriti all’interno del relativo smart contract. Nel caso in cui si intenda sviluppare dei token non-fungibili o semi-fungibili, inoltre, in questa fase è opportuno stabilire anche la collocazione dei metadati; le alternative in questo senso sono principalmente tre:

  • on chain: offre sicuramente le garanzie più elevate ma è nettamente la scelta più costosa
  • off-chain, storage decentralizzato: una soluzione come IPFS garantisce un ottimo grado di data availability e la non alterazione del dato, ad un costo notevolmente ridotto rispetto alla soluzione precedente
  • off-chain, storage centralizzato: è l’alternativa più semplice da realizzare, tuttavia offre minori garanzie dal punto di vista della data availability e soprattutto non garantisce la non alterazione del dato
 
 

Scelta della piattaforma

La terza fase ha come obiettivo principale la scelta della piattaforma blockchain di riferimento, fondamentale per garantire sicurezza, scalabilità ed efficienza all’intero processo. Un network come Ethereum, ad esempio, presenta un alto livello di decentralizzazione e dunque di sicurezza, ma nel contempo manifesta problemi di congestione ben noti; una rete come Solana, invece, offre prestazioni sicuramente migliori ma al costo di una maggiore centralizzazione. Negli ultimi tempi sono state proposte diverse soluzioni ai problemi di Ethereum, dette di scaling Layer2 perchè costruite sopra di essa e non in alternativa; tra queste, i rollup appaiono la categoria più promettente, in grado di aumentare sensibilmente il throughput della rete abbassando nel frattempo le gas fees per l’invio delle transazioni. Oltre agli elementi sopracitati, è bene tenere in considerazione anche il grado di maturità della piattaforma prescelta, che determina la presenza e la quantità  di marketplace, wallet e servizi disponibili all’interno del suo ecosistema.

 

Emissione del token

Una volta definiti tutti i dettagli, è possibile procedere con l’emissione del token. Prima di eseguire il deploy in produzione, è sempre consigliabile verificare il corretto funzionamento degli smart contracts su una testnet, anche attraverso la scrittura di test automatici mirati; i fondi su testnet non hanno un valore reale, e possono essere richiesti attraverso i faucet della piattaforma utilizzata.

 

Distribuzione del token

La distribuzione dei token a utenti e investitori deve avvenire in modo equo e trasparente; in questo senso, è sempre consigliabile rilasciare pubblicamente del materiale che illustri la  tokenomics del progetto e le sue dinamiche interne. Tale distribuzione può essere effettuata secondo diverse modalità, che possono essere classificate in tre gruppi principali: vendita, airdrop e claim. La vendita è il meccanismo più semplice e prevede l’acquisto dei token da parte dell’utente, in cambio di benefit o servizi esclusivi (utility). Per airdrop si intende invece l’invio diretto dei token dal creatore all’utente; in questo caso, il creatore si fa carico delle gas fees relative alla transazione effettuata. Il claim prevede infine una prima fase in cui l’utente viene “etichettato” come idoneo, e una seconda in cui egli dimostra la propria idoneità per riscattare il token, facendosi carico delle gas fees. In questo caso, la lista degli utenti idonei può essere gestita attraverso meccanismi semplici quali il whitelisting, oppure tramite sistemi più complessi ma efficienti come i Merkle tree.

 

Gestione del token

La fase finale del processo di tokenizzazione è quella successiva alla distribuzione dei token, e in generale comprende il supporto agli utenti, la supervisione sul progetto, la gestione della community, la creazione di un mercato (se previsto) e l’associazione di utility ai token (se previste). Quest’ultima dinamica può sfruttare i numerosi marketplace già esistenti e i loro bacini di utenza, oppure portare alla costruzione di un marketplace dedicato qualora sussistano delle esigenze particolari. Per quanto riguarda la gestione delle communities, invece, lo strumento più utilizzato al momento è Discord, tuttavia è possibile utilizzare chat come Telegram o altre applicazioni simili per avere un canale di comunicazione diretta con gli utenti. Per i token emessi su piattaforme pubbliche esistono inoltre già oggi molti servizi che abilitano gli scambi peer-to-peer (es. OpenSea) e permettono di sfruttarne le utility (es. Snapshot per quelle associate al voting).

In conclusione, la tokenizzazione è un processo innovativo che apre a scenari completamente nuovi e offre notevoli garanzie dal punto di vista della trasparenza e della true ownership; perchè l’introduzione di questa tecnologia sia efficace, tuttavia, è necessario valutare con attenzione le fasi descritte nel corso dell’articolo, facendo anche riferimento alle scelte intraprese dai progetti esistenti. 

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